Guerra in Appennino by Stefano Ardito

Guerra in Appennino by Stefano Ardito

autore:Stefano Ardito [Ardito, Stefano]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Corbaccio
pubblicato: 2023-06-20T22:00:00+00:00


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I PARTIGIANI DI MONTE MORELLO

(Toscana, ottobre 1943-giugno 1944)

La cima più amata dagli escursionisti di Firenze si affaccia sulla periferia industriale della città, sull’abitato di Sesto e sull’aeroporto di Peretola. Ponte Vecchio, la cupola del Brunelleschi e i Lungarni sono a mezz’ora di viaggio in auto o in bus. Sul Monte Morello, però, gli escursionisti di oggi trovano un’atmosfera di vera montagna, diversa da quella più dolce delle colline di Fiesole e del Chianti.

Dai 934 metri del Poggio all’Aia e dai 921 metri del Poggio Casaccia, le due vette più alte del massiccio, lo sguardo spazia sulla dorsale calcarea della Calvana, sui primi rilievi del Mugello, sulle alture del Montalbano che chiudono la conca di Firenze in direzione del Tirreno.

Il Monte Morello, noto tra il Medioevo e il Rinascimento per i suoi fitti querceti, viene devastato per secoli da tagli indiscriminati e da incendi. I rimboschimenti, avviati nell’Ottocento dai granduchi di Toscana e proseguiti dallo Stato italiano, ne rifanno una suggestiva oasi verde. Oggi una fitta rete di sentieri, tracciati dalla sezione di Sesto Fiorentino del CAI, consente di immergersi nei boschi e di ammirare il vasto panorama dalle cime.

Dopo l’8 settembre del 1943, per la sua vicinanza alla città, Monte Morello diventa un rifugio di militari sbandati, di prigionieri alleati scappati dai campi di reclusione, di giovani di Firenze e dei centri vicini in fuga dai rastrellamenti tedeschi. Non sono ancora partigiani organizzati e armati, ma lo diventano in fretta.

«Chi dice che andava in montagna a fare il partigiano non dice una cosa esatta, perché ancora non si avevano idee chiare» racconterà qualche anno più tardi Gino Tagliaferri, uno degli organizzatori della lotta partigiana intorno a Firenze. «Per noi comunisti era una ritirata prudenziale in attesa di vedere come si mettevano le cose, e agire di conseguenza. Ci si ritirò per sottrarsi ad eventuali arresti, deportazioni, o uccisioni e rappresaglie.»

«La varietà umana che si incontra sul Morello nel settembre del 1943 rende la scena delle prime bande assai varia e composita. Accomunate da una precarietà iniziale dettata dalla difficoltà di organizzarsi, nascono diverse formazioni, alcune destinate a durare, altre costrette a vita breve» spiega lo storico Francesco Fusi in L’officina dei partigiani. Monte Morello alle origini della Resistenza fiorentina.

Arrivano da Sesto Fiorentino gli uomini di Giulio Bruschi, nome di battaglia «Berto», un militante comunista che ha passato quattro anni nelle galere fasciste e poi cinque di confino nelle isole di Ponza e Ventotene. Il suo gruppo, che fa base al podere della Cipressa, comprende anche Olinto Ceccuti «Cecco» e Rolando Gelli «Mangia».

Arrivano invece da Campi Bisenzio i giovani guidati da Lanciotto Ballerini, militare del Regio Esercito ed ex promessa del pugilato toscano. Questa banda, che prende quasi subito il nome di Lupi Neri, fa base alla Fonte del Vecciolino e poi al chiesino di San Michele a Cupo, sul versante settentrionale del massiccio.

Operano sul Monte Morello anche il gruppo di partigiani diretto dall’ex parà Bruno Bini detto «Folgore», quello dei fratelli Alfio, Renzo e Carlo Fondi di Calenzano, e la



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